Chi sono
Mi chiamo Drigo e sono un musicista.
Suono la chitarra e sono coautore nella rock band italiana Negrita.
La mia routine è fatta di tour che mi portano ovunque nel mondo e disegno su pagine di quaderni che tengo in una borsa dalla quale non mi separo mai.
Viaggiare è un'esperienza ispirante.
La meraviglia dello scoprir le bellezze del mondo, o le emozioni vibranti di tutte le ‘prime volte’ della vita, generano in me uno stato d’animo estatico che non mi stanco mai d’inseguire.
In questi momenti, elaborare su carta la bellezza di ciò che sto vivendo o osservando è allo stesso tempo un’istintiva urgenza e un’abitudine che mi regala un brivido di piacere, proprio mentre mi nutre e mi cresce umanamente.
Chiedo al mio tratto d’esser pulito, spontaneo, sincero. E mentre osservo le poche linee far forme sul foglio, so che sto studiando me stesso: come si muove la mano, così va la mia vita.
Non vivo differenze fra il suonare o disegnare.
Lo strumento è un veicolo: la comunicazione arriva comunque dalle mani.
E nel tempo, ho capito che loro mi dicono sempre, ben meglio della mia ragione, chi sono e come sto, qui ed ora.
A partire dagli inizi del duemila ho cominciato a conservare i miei disegni. Oggi realizzo di averne centinaia.
Mi piace e mi fa bene rivederli: nel tempo e nelle vicissitudini della vita, mutano i soggetti, le gestualità, le tecniche, ma nella ricerca del tratto e nella scelta dei colori, pur nei periodi più bui, vedo coerenza. Riconosco la mano, ritrovo me stesso.
La mia ricerca è spirituale, quel che cerco è un equilibrio primario.
I miei disegni sono sassolini di Pollicino, semplici e pratiche mappe per ritrovar luoghi e situazioni, ma a un livello più profondo, sono fogli di carta su cui mi specchio lasciando una traccia.
Suono la chitarra e sono coautore nella rock band italiana Negrita.
La mia routine è fatta di tour che mi portano ovunque nel mondo e disegno su pagine di quaderni che tengo in una borsa dalla quale non mi separo mai.
Viaggiare è un'esperienza ispirante.
La meraviglia dello scoprir le bellezze del mondo, o le emozioni vibranti di tutte le ‘prime volte’ della vita, generano in me uno stato d’animo estatico che non mi stanco mai d’inseguire.
In questi momenti, elaborare su carta la bellezza di ciò che sto vivendo o osservando è allo stesso tempo un’istintiva urgenza e un’abitudine che mi regala un brivido di piacere, proprio mentre mi nutre e mi cresce umanamente.
Chiedo al mio tratto d’esser pulito, spontaneo, sincero. E mentre osservo le poche linee far forme sul foglio, so che sto studiando me stesso: come si muove la mano, così va la mia vita.
Non vivo differenze fra il suonare o disegnare.
Lo strumento è un veicolo: la comunicazione arriva comunque dalle mani.
E nel tempo, ho capito che loro mi dicono sempre, ben meglio della mia ragione, chi sono e come sto, qui ed ora.
A partire dagli inizi del duemila ho cominciato a conservare i miei disegni. Oggi realizzo di averne centinaia.
Mi piace e mi fa bene rivederli: nel tempo e nelle vicissitudini della vita, mutano i soggetti, le gestualità, le tecniche, ma nella ricerca del tratto e nella scelta dei colori, pur nei periodi più bui, vedo coerenza. Riconosco la mano, ritrovo me stesso.
La mia ricerca è spirituale, quel che cerco è un equilibrio primario.
I miei disegni sono sassolini di Pollicino, semplici e pratiche mappe per ritrovar luoghi e situazioni, ma a un livello più profondo, sono fogli di carta su cui mi specchio lasciando una traccia.