Dicono di me
Non è così usuale che i disegni di un musicista trovino spazio tra opere di artisti come Picasso, Guercino o Piero della Francesca. È quello che è capitato a Drigo, chitarra solista e compositore di alcuni dei brani più noti dei Negrita, in occasione della Biennale del Disegno di Rimini del 2018. I più, infatti, conoscono Drigo come il protagonista dell'avventura di una delle band più amate nel nostro paese e più stimate dalla critica di settore, anche se Rock Notes, il libro-diario pubblicato da Mondadori nel 2006, aveva già mostrato un aspetto meno noto della sua personalità. Quella musicale, infatti, non è che una parte infinitesimale dell'uomo Drigo, o meglio dell'uomo Enrico Salvi. Siamo così abituati a vedere uomini dello spettacolo cimentarsi in arti che non sono quelle per cui sono diventati noti alla massa, che spesso siamo portati a pensare che si tratti di semplici passatempi di star annoiate, che cercano nuovi stimoli o che vogliono dare nutrimento al proprio ego smisurato. Nel caso in questione, tuttavia, si tratta di ben altro. Sì, perché Enrico non è un musicista che per noia ha iniziato a fare disegni, né tanto meno uno che si riferisce a sé stesso con il termine di illustratore o cose di questo tipo, perché non è di titoli altisonanti di cui si ciba il suo animo.
Troppo spesso abusiamo della parola artista, in modo similare a quello che si fa con il termine genio, tanto che ormai queste parole hanno finito per perdere significato e forza. Ecco, io credo che nel caso di Drigo la parola artista sia invece l'unica in grado di descriverlo davvero. Drigo non scrive canzoni come fossero semplici esercizi di stile, ogni suo assolo possiede così tante sfumature da esulare dal mero giudizio tecnico, sconfinando immediatamente nella poesia, nella spiritualità più alta. In migliaia suonano uno strumento, ma chi conosce Drigo dall'infanzia ha sempre saputo che sarebbe diventato qualcuno, per via dell'innata capacità di arrivare allo stomaco della gente, prima ancora che alla loro testa. Per quando mi riguarda, se ho dedicato la mia vita all'arte (e alla musica in particolare) è per gente come Roger Waters, Kurt Cobain o John Lennon, artisti in grado di dilaniarti anche solo con un gesto, con un movimento del corpo, con accordi che potrebbero aver fatto tutti in precedenza, ma che nessuno è stato in grado di fare in "quel" modo. L'intensità e la tragicità di quegli artisti che mi hanno segnato l'animo è anche la cosa per cui il rock 'n' roll ha significato così tanto per la cultura mondiale del '900. Ecco, da sempre credo che Enrico abbia dentro quella cosa. In questo senso, credo non sia un caso che i suoi disegni abbiamo così tanto in comunque proprio con quelli di Lennon.
I segni della sua penna sulla carta, esattamente come la sua musica, sono veri e propri flussi liberi di pensiero che prendono forma, sono una vera e propria esigenza che, come ha dichiarato l'assessore alle arti di Rimini Massimo Pulini, “sono capaci di creare un nido alle idee e dimostrano, per franchezza e sentimento, quanto la musica, talvolta, possa uscire anche dagli occhi”. Proprio uno dei principi che vuole che intende sottolineare la Biennale.
Basta passare qualche giorno in sua compagnia per capire quanto Drigo e il disegno siano qualcosa di impossibile da scindere, tanta è l'urgenza creativa che ne pervade l'animo. In questo senso, le sue opere sono veri e propri atti magici, se consideriamo la magia come la Scienza e l’Arte di causare Cambiamenti in conformità con la Volontà. I pennarelli, da cui si stacca ancor meno volentieri che dalla chitarra, l'inchiostro e la carta diventano quindi le sue ‘armi magiche’ e i suoi disegni veri e propri ‘incantesimi’. “Ho parlato dei miei disegni con un po' di persone, tutti professionisti, accademici” - racconta Drigo - “Io sono un'altra cosa. Non sono un pittore, semmai un esploratore curioso. Non riesco a star fermo con le mani. Sulla chitarra, il mio talento è l'improvvisazione, non elaboro idee, improvviso. Una cosa però l'ho compresa: per me il tratto equivale al tocco e il colore al suono”.
Si può non essere esperti, né tanto meno appassionati di arti grafiche, ma è impossibile rimanere indifferenti di fronte alle sue opere, proprio perché, come le sue canzoni, trasudano sincerità, libertà, umanità. In Amico Fragile, Fabrizio De André diceva: "Pensavo, è bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra": nel caso di Drigo potrebbe incominciare anche un pennarello.
Luca Garrò - scrittore e giornalista per Rolling Stone